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Potete essere un sarto, una parrucchiera, un istruttore di pilates o capirne di motori quanto un vecchio V8 americano ne capisce di salvaguardia dell’ambiente, ma certe auto fanno intendere a chiunque il loro obiettivo, come volessero sottolineare prepotentemente di non essere state costruite a caso bensì per uno scopo preciso… e la Ford Escort RS Cosworth di scopo ne ha sempre e solo avuto uno: i rally. Come la Lancia Delta HF Integrale, la Subaru Impreza, la Celica GT Four o la Lancer Evo infatti anche la Escort Cosworth – affettuosamente chiamata ‘Cossie’ dagli appassionati – andava prodotta in un numero sufficiente di esemplari stradali per far sì che Ford potesse schierarne una versione da competizione, così la casa dell’Ovale si rimboccò le mani e creò quella che ormai è considerata una delle più importanti e iconiche (e ignoranti) compatte sportive degli anni ’90. La cosa ammirevole però è il ‘come’ Ford creò la Escort Cosworth: dato che la potente turbina e l’ottima trazione integrale della Sierra RS Cosworth dentro la piccola tre volumi semplicemente non ci stavano si decise di prendere il più spazioso pianale della Sierra, accorciarlo, adattarlo e creare centinaia di nuovi componenti in modo da poter infilare – in quella che tecnicamente era ancora una Escort – il 2.0 litri turbocompresso a quattro cilindri in posizione longitudinale, insieme all’efficace sistema di trazione integrale permanente che ripartiva il 34% di coppia all’anteriore e il 66% al posteriore. Tutto questo lavoro meccanico venne nascosto sotto la carrozzeria della Escort Mk5 opportunamente stravolta con fiancate allargate, assetto ribassato, prese d’aria sul cofano, splitter anteriore rasoterra ed ovviamente la ‘Whale Tail’, la pazzesca doppia ala posteriore creata da Frank Stephenson che rese celebre la Cosworth nonché riconoscibile a chilometri.

Il progetto originale prevedeva persino tre appendici ma i tecnici Ford riuscirono (probabilmente a fatica) a tenere a bada Stephenson lasciando la Cossie con il suo iconico posteriore, che fa ugualmente buona concorrenza ad un intero reparto scaffalature dell’Ikea. Nonostante tutti questi sforzi la Escort RS non vinse mai un mondiale ma conquistò dieci vittorie nel Gruppo A e fece innamorare migliaia di persone grazie alla sua immagine e al suo carattere, senza contare che la versione stradale non era certo lenta: il 2.0 litri erogava 230 cavalli e 304 Nm di coppia per uno 0-100 in 5,7 secondi e una velocità massima di 237 km/h (senza ala), valori apprezzabili ancora oggi. La prima serie del bialbero Cosworth (caratterizzata dal coperchio valvole blu) tuttavia montava una turbina Garrett T35 con un lag notevole, così dall’estate del 1994 si optò per un turbocompressore T25 sempre prodotto dalla Garrett ma leggermente più piccolo; la potenza scendeva a 220 cavalli e il ritardo del turbo veniva ridotto ma le prestazioni non subivano praticamente variazioni. A Ford sarebbe bastato produrre per regolamento 2.500 esemplari della Cossie, invece la sportiva Ford ebbe così successo che alla fine della produzione (avvenuta il 12 Gennaio del 1996) ne vennero costruiti 7.145, quasi il triplo del necessario. Trovarne un esemplare oggi non è difficile ma la parte complicata è scovarne uno originale e non elaborato, evento piuttosto comune con le Cosworth. Il motore YBT infatti è famoso tanto quanto il 2JZ della Toyota Supra o l’RB26DETT della Nissan Skyline in quanto ad elaborazioni, riuscendo ad erogare (e reggere) potenze che partono facilmente dai 500 cavalli per arrivare persino al migliaio se profondamente rivisti.

L’esemplare che ci fa compagnia oggi è un faro di speranza nella notte visto che ogni singola parte è originale come mamma Ford l’ha progettata, dal motore ai sedili, dai freni ai cerchi specifici a cinque razze fino a dettagli minori ma importanti come la cappelliera intatta, sopravvissuta alla mania delle casse stereo nel baule. Il parabrezza conserva ancora le sue serpentine autentiche, i vetri hanno gli adesivi originali e la bellissima verniciatura in ‘Mallard Green’ non è mai stata toccata. Se badate bene l’unico dettaglio non ancora regolare è l’assetto leggermente ribassato grazie a molle più corte di 30 mm: le originali sono disponibili (e probabilmente adesso anche già montate) ma dopo tre settimane di pioggia ho deciso di non fare lo schizzinoso e approfittare della splendida giornata che si è presentata. Prima di salire a bordo della Cosworth non potete fare a meno di studiare i dettagli della carrozzeria contemplando in particolare l’opera di Stephenson: poche auto riescono a essere riconoscibili grazie ad un unico dettaglio, e anche se non vi fosse uno splitter buono per spalare la neve e passaruota gonfissimi la Cossie conserverebbe sempre la sua personalità grazie a quel doppio e folle alettone. Sfortunatamente il fascino delle competizioni e tutte le vostre ambizioni rallistiche vengono decisamente ridimensionate quando vi trovate a tu per tu con la posizione di guida. Non c’è un modo carino per dirlo… la Escort ha una seduta tragica, con un sedile e un volante davvero troppo in alto che ricordano una comune berlina invece che un’auto focalizzata alla guida, e di conseguenza vi servirà un attimo di tempo per familiarizzare con la pedaliera dato che le vostre gambe saranno semi verticali rispetto ai pedali. I sedili Recaro invece – con il classico motivo ad esagoni – sono morbidi, ben imbottiti e comodi pur avendo dei fianchetti sufficientemente pronunciati da tenervi saldi in curva.

Avviando il quattro cilindri Cosworth le cose migliorano, con un borbottio piuttosto silenzioso ma solido e un minimo regolare, oltre ad un volante più leggero del previsto. L’esperienza di guida della Cosworth T35 è molto simile alla T25 che avevo provato qualche mese fa: il cambio non è eccezionale, preciso ma con innesti abbastanza contrastati, i freni hanno una buona potenza di arresto e un bel feeling – specialmente se frenate con il sinistro, giusto per restare in tema rally – ma sono leggermente sottodimensionati rispetto alla velocità che potete raggiungere mentre le sospensioni copiano onestamente l’asfalto pur risultando un filo rigide sulle sconnessioni peggiori. Il sound appena iniziate a spingere diventa più deciso, con un crescendo molto gutturale e una turbina decisamente indaffarata a far sentire la sua presenza fra uno sbuffo qua e un sibilo là, che fa tanto Motorsport. Quello che davvero differenzia la T35 dalla versione successiva però è il suo carattere da vecchia scuola. Mentre la versione a ‘turbina piccola’ ha comunque un turbolag molto marcato la T35 ha un ritardo da calendario; potete quasi percepire lo sforzo dei gas di scarico mentre cercano di muovere l’alberino collegato alla girante dell’aspirazione. Tradotto in numeri, mentre la T25 si risveglia a poco meno di 3.500 giri la T35 prende vita quasi a 4.000, per poi farvi affondare nel sedile con una spinta non esagerata ma ammirevole anche per gli standard odierni e una gran trazione.

I pregi della Cossie infatti risiedono nell’ottima spinta del bialbero (già da originale come il nostro, mentre elaborato non ha più o meno limiti) e nel suo comportamento in curva. L’anteriore è molto stabile in ingresso e poco propenso al sottosterzo, mentre il telaio si rivela sufficientemente giocoso da poter muovere il posteriore in entrata avendo il giusto spazio a disposizione. La ripartizione 34/66 della coppia è esemplare e in uscita c’è sempre abbastanza trazione al posteriore da non far mai allargare l’avantreno, ma con tutto quel turbo lag dovete veramente giocare d’anticipo per non trovarvi con un ‘vuoto’ proprio al punto di corda; è un po’ fastidioso ma almeno sarete costretti a studiare perfettamente la traiettoria e la parzializzazione dell’acceleratore. Tirando le somme la Escort Cosworth mi è sembrata buona ma non speciale come speravo, o la leggenda da rally di cui tutti parlano. Le qualità che hanno reso famosa la Cossie – motore, trazione e look – ci sono e si fanno apprezzare tutte ma purtroppo la posizione di guida altissima, il cambio senza infamia e senza lode e una certa mancanza di connessione generale la rendono meno coinvolgente da guidare rispetto ad altre concorrenti dell’epoca. Non pensavo l’avrei mai detto, ma forse la Cossie è un’auto che davvero va elaborata: cerchi OZ della versione Montecarlo, sedili più bassi, magari ammortizzatori Ohlins e un’ottantina di cavalli in più, e già che ci siamo un bell’impianto di scarico completo. Allora sì che non vorrete più scendere, se non per ammirare l’ala da biplano che la contraddistingue.

Un grazie a Paolo della Dosselli Motors Classic per la disponibilità

di Tommaso Ferrari